让我们用意大利语阅读罪与罚的故事
Dei delitti e delle pene è il titolo del trattato scritto dall’illuminista lombardo Cesare Beccaria (1738-1794) nel corso del 1763 epubblicato l’anno successivo. un’opera che fu accolta con grande successo in tutto il continente europeo, ricevendo le lodi deimassimi pensatori dell’epoca. Il fine, prepostosi dal marchese Beccaria nello scrivere il trattato, era quello di sottolineare i difetti delle legislazioni giudiziarie a lui contemporanee, e, nello stesso tempo, di avanzare delle possibili soluzioni per porre rimedio allelacune e alle ingiustizie dei vari sistemi penali.
Influenzato dalle teorie esposte da Jean Jacques Rousseau nel suo Contratto sociale ed ammiratore del pensiero del filosofo inglese
John Locke, nel breve trattato Beccaria parte dal concetto della convivenza comune: gli uomini, sostiene, hanno sacrificato una partedelle loro libertà, accettando di vivere secondo le regole della comunità, in cambio di una maggiore sicurezza e di una maggiore utilità.
L’autorità dello Stato e delle leggi è quindi da considerarsi legittima finché non oltrepassi certi limiti accettati dai governati in nome delbene comune. Citando direttamente Montesquieu, l’autore ripete come ogni punizione che non derivi dall’assoluta necessità sia tirannica.
Il sovrano ha il diritto di punire, ma tale diritto è fondato sull’esigenza di tutelare la libertà e il benessere pubblici dalle “usurpazioni particolari”:nessun arbitrio deve essere perpetrato poiché nel decidere l’entità della pena l’unico criterio da seguire è “l’utile sociale”.
Partendo da questa premessa, le proposte cardine avanzate dal filosofo sono le seguenti: una decisa battaglia contro l’oscurità delle leggi,perché questa conduce a una varietà di interpretazioni, spesso arbitrarie, che favoriscono gli abusi. la necessità di rendere pubblici i giudizi,
per non dar adito a sospetti di ingiustizia e tirannide, e la necessità di estirpare il sistema delle denuncie anonime, pratica che alimenta iriprovevoli istinti della vendetta e del tradimento. l’opposizione netta alla tortura e alla pena di morte. La prima non garantisce l’emergere della verità,oltre ad essere una pratica disumana, poiché davanti al dolore fisico chiunque sarebbe disposto a confessare qualsiasi delitto. Inoltre,seguendo il principio esposto dal Beccaria nei primi capitoli, siccome il diritto di punire non deve andare oltre la necessità di tutelare i cittadini dagli elementi più pericolosi, non è giusto accanirsi sugli accusati prima di aver provato la loro colpevolezza. Riguardo la pena di morte,essa va abolita in quanto viene meno allo spirito del contratto sociale (nessun uomo è disposto a dare la propria vita in nome della convivenza comunitaria),e perché non è un deterrente efficace contro la criminalità: secondo Beccaria spaventa più l’idea di una lunga pena detentiva che non
l’idea di una pena durissima, ma istantanea.