意语阅读:《木偶奇遇记》18
分类: 意大利语
时间: 2022-08-30 04:38:57
作者: 全国等级考试资料网
18. Pinocchio ritrova la Volpe e il Gatto, e va con loro a seminare le quattro monete nel Campo de’ miracoli.
I picchi ridimensionano il naso di Pinocchio
Come potete immaginarvelo, la Fata lasciò che il burattino piangesse e urlasse una buona mezz’ora, a motivo di quel suo naso che non passava più dalla porta di camera; e lo fece per dargli una severa lezione perché si correggesse dal brutto vizio di dire le bugie, il più brutto vizio che possa avere un ragazzo. Ma quando lo vide trasfigurato e cogli occhi fuori della testa dalla gran disperazione, allora, mossa a pietà, batté le mani insieme, e a quel segnale entrarono in camera dalla finestra un migliaio di grossi uccelli chiamati Picchi, i quali, posatisi tutti sul naso di Pinocchio, cominciarono a beccarglielo tanto e poi tanto, che in pochi minuti quel naso enorme e spropositato si trovò ridotto alla sua grandezza naturale.
"Quanto siete buona, Fata mia", disse il burattino, asciugandosi gli occhi, "e quanto bene vi voglio!"
"Ti voglio bene anch’io", rispose la Fata, "e se tu vuoi rimanere con me, tu sarai il mio fratellino e io la tua buona sorellina..."
"Io resterei volentieri... ma il mio povero babbo?"
"Ho pensato a tutto. Il tuo babbo è stato digià avvertito: e prima che faccia notte, sarà qui."
"Davvero?..." gridò Pinocchio, saltando dall’allegrezza. "Allora, Fatina mia, se vi contentate, vorrei andargli incontro! Non vedo l’ora di poter dare un bacio a quel povero vecchio, che ha sofferto tanto per me!"
"Vai pure, ma bada di non ti sperdere. Prendi la via del bosco, e sono sicurissima che lo incontrerai."
Pinocchio partì: e appena entrato nel bosco, cominciò a correre come un capriolo. Ma quando fu arrivato a un certo punto, quasi in faccia alla Quercia grande, si fermò, perché gli parve di aver sentito gente fra mezzo alle frasche. Difatti vide apparire sulla strada, indovinate chi?... la Volpe e il Gatto, ossia i due compagni di viaggio, coi quali aveva cenato all’osteria del Gambero Rosso.
"Ecco il nostro caro Pinocchio!" gridò la Volpe, abbracciandolo e baciandolo. "Come mai sei qui?"
"Come mai sei qui?" ripeté il Gatto.
"è una storia lunga, disse il burattino, e ve la racconterò a comodo. Sappiate però che l’altra notte, quando mi avete lasciato solo nell’osteria, ho trovato gli assassini per la strada..."
"Gli assassini?... O povero amico! E che cosa volevano?"
"Mi volevano rubare le monete d’oro."
"Infami!..." disse la Volpe.
"Infamissimi!" ripeté il Gatto.
"Ma io cominciai a scappare, continuò a dire il burattino, e loro sempre dietro: finché mi raggiunsero e m’impiccarono a un ramo di quella quercia."
E Pinocchio accennò la Quercia grande, che era lì a due passi.
"Si può sentir di peggio?" disse la Volpe. "In che mondo siamo condannati a vivere? Dove troveremo un rifugio sicuro noi altri galantuomini?..."
Nel tempo che parlavano così, Pinocchio si accorse che il Gatto era zoppo dalla gamba destra davanti, perché gli mancava in fondo tutto lo zampetto cogli unghioli: per cui gli domandò:
"Che cosa hai fatto del tuo zampetto?"
Il Gatto voleva rispondere qualche cosa, ma s’imbrogliò. Allora la Volpe disse subito:
"Il mio amico è troppo modesto, e per questo non risponde. Risponderò io per lui. Sappi dunque che un’ora fa abbiamo incontrato sulla strada un vecchio lupo, quasi svenuto dalla fame, che ci ha chiesto un po’ d’elemosina. Non avendo noi da dargli nemmeno una lisca di pesce, che cosa ha fatto l’amico mio, che ha davvero un cuore di Cesare?... Si è staccato coi denti uno zampetto delle sue gambe davanti e l’ha gettato a quella povera bestia, perché potesse sdigiunarsi."
E la Volpe nel dir così, si asciugò una lacrima.
Pinocchio, commosso anche lui, si avvicinò al Gatto, sussurrandogli negli orecchi:
"Se tutti i gatti ti somigliassero, fortunati i topi!..."
"E ora che cosa fai in questi luoghi?" domandò la Volpe al burattino.
"Aspetto il mio babbo, che deve arrivare qui di momento in momento."
"E le tue monete d’oro?"
"Le ho sempre in tasca, meno una che la spesi all’osteria del Gambero Rosso."
"E pensare che, invece di quattro monete, potrebbero diventare domani mille e duemila! Perché non dài retta al mio consiglio? Perché non vai a seminarle nel Campo dei miracoli?"
"Oggi è impossibile: vi anderò un altro giorno."
"Un altro giorno sarà tardi", disse la Volpe.
I picchi ridimensionano il naso di Pinocchio
Come potete immaginarvelo, la Fata lasciò che il burattino piangesse e urlasse una buona mezz’ora, a motivo di quel suo naso che non passava più dalla porta di camera; e lo fece per dargli una severa lezione perché si correggesse dal brutto vizio di dire le bugie, il più brutto vizio che possa avere un ragazzo. Ma quando lo vide trasfigurato e cogli occhi fuori della testa dalla gran disperazione, allora, mossa a pietà, batté le mani insieme, e a quel segnale entrarono in camera dalla finestra un migliaio di grossi uccelli chiamati Picchi, i quali, posatisi tutti sul naso di Pinocchio, cominciarono a beccarglielo tanto e poi tanto, che in pochi minuti quel naso enorme e spropositato si trovò ridotto alla sua grandezza naturale.
"Quanto siete buona, Fata mia", disse il burattino, asciugandosi gli occhi, "e quanto bene vi voglio!"
"Ti voglio bene anch’io", rispose la Fata, "e se tu vuoi rimanere con me, tu sarai il mio fratellino e io la tua buona sorellina..."
"Io resterei volentieri... ma il mio povero babbo?"
"Ho pensato a tutto. Il tuo babbo è stato digià avvertito: e prima che faccia notte, sarà qui."
"Davvero?..." gridò Pinocchio, saltando dall’allegrezza. "Allora, Fatina mia, se vi contentate, vorrei andargli incontro! Non vedo l’ora di poter dare un bacio a quel povero vecchio, che ha sofferto tanto per me!"
"Vai pure, ma bada di non ti sperdere. Prendi la via del bosco, e sono sicurissima che lo incontrerai."
Pinocchio partì: e appena entrato nel bosco, cominciò a correre come un capriolo. Ma quando fu arrivato a un certo punto, quasi in faccia alla Quercia grande, si fermò, perché gli parve di aver sentito gente fra mezzo alle frasche. Difatti vide apparire sulla strada, indovinate chi?... la Volpe e il Gatto, ossia i due compagni di viaggio, coi quali aveva cenato all’osteria del Gambero Rosso.
"Ecco il nostro caro Pinocchio!" gridò la Volpe, abbracciandolo e baciandolo. "Come mai sei qui?"
"Come mai sei qui?" ripeté il Gatto.
"è una storia lunga, disse il burattino, e ve la racconterò a comodo. Sappiate però che l’altra notte, quando mi avete lasciato solo nell’osteria, ho trovato gli assassini per la strada..."
"Gli assassini?... O povero amico! E che cosa volevano?"
"Mi volevano rubare le monete d’oro."
"Infami!..." disse la Volpe.
"Infamissimi!" ripeté il Gatto.
"Ma io cominciai a scappare, continuò a dire il burattino, e loro sempre dietro: finché mi raggiunsero e m’impiccarono a un ramo di quella quercia."
E Pinocchio accennò la Quercia grande, che era lì a due passi.
"Si può sentir di peggio?" disse la Volpe. "In che mondo siamo condannati a vivere? Dove troveremo un rifugio sicuro noi altri galantuomini?..."
Nel tempo che parlavano così, Pinocchio si accorse che il Gatto era zoppo dalla gamba destra davanti, perché gli mancava in fondo tutto lo zampetto cogli unghioli: per cui gli domandò:
"Che cosa hai fatto del tuo zampetto?"
Il Gatto voleva rispondere qualche cosa, ma s’imbrogliò. Allora la Volpe disse subito:
"Il mio amico è troppo modesto, e per questo non risponde. Risponderò io per lui. Sappi dunque che un’ora fa abbiamo incontrato sulla strada un vecchio lupo, quasi svenuto dalla fame, che ci ha chiesto un po’ d’elemosina. Non avendo noi da dargli nemmeno una lisca di pesce, che cosa ha fatto l’amico mio, che ha davvero un cuore di Cesare?... Si è staccato coi denti uno zampetto delle sue gambe davanti e l’ha gettato a quella povera bestia, perché potesse sdigiunarsi."
E la Volpe nel dir così, si asciugò una lacrima.
Pinocchio, commosso anche lui, si avvicinò al Gatto, sussurrandogli negli orecchi:
"Se tutti i gatti ti somigliassero, fortunati i topi!..."
"E ora che cosa fai in questi luoghi?" domandò la Volpe al burattino.
"Aspetto il mio babbo, che deve arrivare qui di momento in momento."
"E le tue monete d’oro?"
"Le ho sempre in tasca, meno una che la spesi all’osteria del Gambero Rosso."
"E pensare che, invece di quattro monete, potrebbero diventare domani mille e duemila! Perché non dài retta al mio consiglio? Perché non vai a seminarle nel Campo dei miracoli?"
"Oggi è impossibile: vi anderò un altro giorno."
"Un altro giorno sarà tardi", disse la Volpe.